martedì 13 ottobre 2015

Spazio alle emozioni!

"Vi capita mai di guardare qualcuno e chiedervi cosa gli passa per la testa? " 

Come iniziare? Che dire? beh, poche parole, un altro capolavoro è stato sfornato da quei geni della Pixar, travolgente, commovente e geniale, un vero capolavoro. 
Ok, è vero, io sono un grande fan dei film di animazione, il mio genere cinematografico preferito, ma erano anni che non si vedeva un'opera cosi ben realizzata, adatta a tutte le età e capace di far commuovere chiunque, Inside Out è un vero e proprio viaggio all'interno della nostra testa esplorando ogni emozione. 



C'è poco da dire, questo film ci conosce, conosce ognuno di noi e non c'è via di scampo, ti trasporta in un mondo fatto di colori, ricordi ed emozioni a cui tutti apparteniamo. 
La Pixar è tornata alla riscossa con un capolavoro alla pari di Toy Story, Ratatouille e Up, ­ ma mai come Il Re leone, che rimarrà il migliore per sempre ­ (piccolo pensiero personale, non posso farci niente).
Pieno zeppo di divertenti citazioni da Hitchcock a Polański ,veri e propri colpi di genio degni di nota e metafore profonde, Inside Out è senza dubbio uno dei migliori film degli ultimi anni e che dire, possiamo anche saltarla la selezione per l'Oscar al "Miglior film d'animazione", ha già vinto a mani basse e a dirla tutta ne meriterebbe anche qualcuno in più. 



Giungo alla conclusione con una piccola riflessione finale: sono capolavori come questo che spero facciano salire la reputazione dei film d'animazione e la portino alla pari degli altri come merita. Spesso si associa questa categoria ai bambini, la si considera solo per i più giovani commettendo un grave errore. 
Occorre grande talento e capacità per stupire visivamente, stiamo raggiungendo altissimi livelli dal punto grafico, e i dettagli, i colori e la scenografia ne rendono l'idea, se a questo aggiungiamo una trama profonda, coinvolgente e stupenda come quella di Inside Out non possiamo fare altro che chiamarlo capolavoro. 
Quindi basta vedere l'animazione solo come divertimento per bambini. 
Ringrazio Inside Out per avermi fatto emozionare e riflettere e per aver portato tutta l'età della sala allo stesso livello, bambini e ragazzi con i genitori al proprio fianco tutti in silenzio a scoprire e ridere di cosa frulla nella loro testa. Questo è cinema

(P.S. non dimentichiamoci di LAVA, uno splendido cortometraggio che narra un'amore bollente tra due vulcani ad aprire il film. non riuscirete a togliervi il motivetto dalla testa, io lo sto ancora canticchiando)



Jonathan




La cosa principale che un attore deve eseguire in un film è trasmettere le proprie emozioni e quelle del personaggio che interpreta al pubblico, far capire cosa sta provando e cosa vuole comunicare.
Ma se in questo caso gli attori fossero le emozioni stesse?
Quelli della Pixar ci vedono sempre lungo in fatto di idee: raccontiamo a tutti cosa passa per la testa di una ragazzina di 11 anni tramite le sue emozioni basilari. Ed ecco a voi Inside Out.

Quando uscì il primo trailer mesi fa, mi ero posto una sola domanda: "Ok, le emozioni in testa ad una bambina. Ma la trama? Come si dipanerà?". Ed è con questa curiosità che mi sono seduto una domenica pomeriggio in una sala gremita di bambini, ma anche di adulti.
Ed è tutto genialmente straordinario: vengono toccate tutte quelle cose che abbiamo ognuno di noi: i ricordi base sul quale poggia la nostra vita e il nostro carattere, la memoria a lungo termine, il subconscio, i pensieri astratti e l'oblio, dove inesorabilmente buona parte dei nostri ricordi finisce.
E poi loro, le emozioni base: Gioia, Paura, Tristezza, Disgusto e Rabbia. Rappresentati dal punto di vista visivo con elementi caratterizzanti, dal colore alla forma.
Ma a parte l'impatto visivo, quello che mi ha sorpreso è l'insieme del film: tematiche e dettagli molto difficili per un pubblico molto giovane.
Durante l'intervallo tra il primo e il secondo tempo, osservavo molti bambini presenti porre domande ai genitori su quanto visto sullo schermo: cos'è il subconscio? Perchè quelle cose sono crollate? Come mai quelle sfere svaniscono? E tante altre domande simili.
Noi adulti capiamo certe cose, ma i bambini? Esattamente come la protagonista del film: basa la sua vita innocente con i suoi ricordi base, è solo quando si potranno mischiare le varie emozioni che inizierà il suo percorso più adulto.
Pensiamo alla scena più complicata da spiegare ad un bambino: la struggente uscita di scena di Bing Bong. Un pensiero dell'infanzia che svanisce per sempre, decretando il passaggio nell'adolescenza.




E poi la rappresentazione di una delle emozioni più pericolose che spesso ci attanaglia: l'apatia. Con la mancanza di certi ricordi base, la nostra vita è piatta, e tende a diventare bianco e nero.

I creatori di sono stati capaci di raccontare cose complicatissime con una vena humor e in maniera semplicistica dal punto di vista visivo, anche se il target principale (i bambini) difficilmente coglierà alcuni elementi.

Un piccolo pensiero divertente: quando uscì il trailer di Inside Out, non ho potuto non pensare come, ancora una volta, i Simpsons siano stati profetici: https://www.youtube.com/watch?v=toeZD7pzUyQ

E sì, Lava mi è piaciuto, da matti!



Cinebrusinante





VALUTESCION(S)

Inside Out (2015)
di Pete Docter
con Gioia, Tristezza, Rabbia, Paura, Disgusto


JONATHAN'S VALUTESCION

Scena Top: scoprire cosa succede nella testa dei gatti durante i titoli di coda

Voto 5/5: lo ripeterò all'infinito, un Capolavoro che durerà negli anni

  

CINEBRUSINANTE'S VALUTESCION

Scena Top: il sacrificio di Bing Bong

voto 5/5: rappresentare il lato nascosto di ognuno, con successo

venerdì 26 giugno 2015

Il Cinema va offline...



Mi serviva una spinta, una grossa spinta per tornare alle recensioni, e cosa meglio di un abominio come Unfriended?
Iniziamo:
Mi sono recato al cinema un po' per curiosità viste le premesse " Film più innovativo al Fantasia Fest ", " Non avete mai provato una paura come questa " ( Cit. Fangoria ), e un po' per passione verso il genere thriller-horror, sperando di vedere un film innovativo e rivoluzionario come citato da vari trailer.
Diciamo pure che però le mie aspettative non erano per nulla alte ma il film e riuscito comunque a deludere anche quelle...





Non voglio esagerare perchè non mi sembra giusto dare troppa importanza a questa pellicola, ma la prenderò come capro espiatorio verso tanti altri film. Unfriended è girato interamente in screencast e vede come protagonisti 6 ragazzi di cui sappiamo poco e niente più o meno per tutta la durata del film, si procede con una debole trama ormai trita e ritrita al mondo horror e con qualche colpo di scena ( se così si può chiamare ) qua e là, che ogni tanto richiama l'attenzione sullo schermo. Non sono solito fare spoiler nelle mie recensioni e sarà così anche stavolta, dato anche il fatto che non ci sia tanto da spoilerare, la trama è quel che è.





Cybernatural, questo il primissimo nome dato al film, sembra puntare principalmente ad un pubblico molto giovanile in modo semplice, un horror che contiene insieme Facebook, Skype, spiriti e qualche semi-nudità qua e là, cosa può chiedere di più un quindicenne (questa l'età media della sala) in cerca di avventura con amici? 
Arrivo ora al punto di chiusura:
è veramente un film come Unfriended il genere di pellicola che vuole rivoluzionare il mondo dell'Horror? prioprio no... il lato spaventoso di questo film è composto da qualche jump scares e qualche scena violenta ( se così si può chiamare ), pieno zeppo di cose che non verrano mai spiegate, pezzi trama scopiazzati da ogni dove, un finale prevedibile già dopo i primi 20 minuti di film e soprattutto lento, lento, lento, un countdown che parte da 50 secondi e che non porta da nessuna parte ai fini della trama NON CREA TENSIONE!
Avrei potuto continuare ma, come detto prima non voglio dare troppa importanza a questo film, spero solo che venga usato come trampolino di lancio verso chi vorrà sviluppare ancora ( e spero meglio) questa tecnica nuova al grande schermo. 




Jonathan





VALUTESCION
Unfriended (2015)
di Levan Grabiadze
con Shelley Hennig, Will Peltz, Heather Sossaman


Scena Top: lo spirito burlone su Spotify

Voto 1/5: la banalità sottoforma di noia

lunedì 4 maggio 2015

La rabbia e l'orgoglio



No, dal titolo non intendo parlare di Oriana Fallaci o della situazione politica e sociale globale.

Mi riferisco all'ultimo film che ho seguito al cinema, il tanto atteso Avengers: Age of Ultron.
Perchè per questo post un titolo tanto impegnativo per un film molto meno impegnativo?

Perchè è quello che ho percepito al termine della proiezione.
Ma andiamo con ordine.

A parte che mi sono sorpreso nel vedere così tanto pubblico alla seconda settimana di programmazione, non contando il fattore 1° maggio.
Un pubblico tendenzialmente giovane, come è logico che sia, ma neanche così tanto giovane a dir la verità; e fortunatamente neanche tanto chiassoso e popcornoso, a parte qualche applauso di massa stile atterraggio aereo.



Ero partito con l'idea di vedere un film di supereroi, nello specifico il seguito del primo Avengers. Diciamo che ho trovato anche quell'aspetto lì, ma in maniera diversa da come mi aspettavo.
Sono stati messi da parte un po' di cazzottoni e di coreografie spettacolari, esplosioni e computer graphic ad ogni angolo, anche se ben presenti, per far posto agli eroi. Non ai nostri soliti eroi del gruppo dei Vendicatori, ma quelli messi sempre un po' da parte, quelli che nelle locandine sono sempre in secondo piano.
Ed ecco i principali: Hulk, Vedova Nera e Occhio di Falco.

Notate bene come la fierezza di Thor e la spacconaggine di Iron Man sono molto carenti in questo film, anzi, ci si domanda se quel Tony Stark è effettivamente lo stesso della trilogia di Iron Man. Alcuni in sala speravano in qualche perla di saggezza della filosofia starkiana, ma è rimasto molto deluso. Abbiamo un Iron Man quasi assente, pacato, testardo come sempre ma non eccessivamente. Al contrario Thor pare sempre bevuto con battute di bassa lega.



Ma ecco i nostri tre veri protagonisti.
La rabbia in ognuno di loro. La rabbia di Hulk nel non poter avere una vita normale come tutti gli altri, la rabbia di Vedova Nera nel non poter vivere l'emozione della maternità, e la rabbia di Occhio di Falco, per il fatto che è consapevole di essere un po' il fanalino di coda del gruppo.
Ma in ognuno di loro c'è una forma di orgoglio.
Bruce Banner scopre di non essere tanto diverso da Natasha, entrambi vivono in una situazione di disagio e sono entrambi alla ricerca di qualcuno per avere sostegno nelle loro sofferenze. E Clint Barton offre sempre sè stesso per il bene della propria famiglia, egli compie quello che deve per il loro futuro.
Questi sono i veri eroi, non sono altro che uno specchio di ognuno di noi. Siamo afflitti da tante difficoltà, ogni tanto siamo premiati da successi, ma cerchiamo sempre di restare in piedi. Siamo eroi senza alcun potere, ma siamo Eroi Veri.

Per il resto il film è scorrevole, vengono ben definiti determinati concetti e i nuovi personaggi introdotti. Forse a livello di montaggio c'è un po' di "fretta", alcune scene di azione sono talmente veloci che quasi ci sfuggono. La sceneggiatura rende tutto più serioso, probabilmente per condurci nel terzo film dove ci sarà il tutto per tutto.
Ma rimaniamo comunque affascinati, trascinati dalla vicenda e appassionati dei nostri idoli.
Attendiamo quindi con trepidazione che tutto si compia, che ogni tassello torni al suo posto.
E personalmente, che facciano una miniatura della statua in marmo con tutti i personaggi visionabile durante i titoli di coda!


Cinebrusinante





VALUTESCION
Avengers: Age of Ultron (2015)
di Joss Whedon
con Robert Downey Jr., Scarlett Johansson


Scena top: lo scontro tra Iron Man e Hulk

Voto 3/5: film per rilassarsi, ma con alcune lacune tecniche

mercoledì 11 marzo 2015

L'ignoranza salverà il mondo



Ne siamo consapevoli ormai.
Siamo totalmente circondati.
Supereroi e cinecomics ovunque.


E' vero, è un genere sempre divertente, una goduria per i nostri occhi affamati di CGI e per il nostro lato oscuro da Nerd. Spesso sono dei film davvero ben fatti, altre volte sono delle boiate pazzesche, però il nostro mito dei fumetti portato sul grande schermo è sempre un bel vedere.
Ma è così per tutti?

Prendiamo il caso di Riggan Thomson: una carriera brillante, tre film di successo strepitoso con il personaggio di Birdman, un sacco di soldi guadagnati. Una volta.
Ed ora?
Eccolo a trascinarsi dietro la maledizione del suo personaggio, a sentire la sua voce ricordargli quale fallimento egli è diventato e a dirgli cosa diavolo vuole tentare con una piece teatrale.

Il teatro.
Quante volte ci siamo domandati "Ehi, ma che fine ha fatto quell'attore?". Vai a spulciare tra i siti di cinema e controlli la sua filmografia, e a parte qualche particina in squallidi titoli da film destinati ad una sala vuota in pieno agosto, non c'è altro. Trovi solo che "si è dato con successo al teatro". Un ritorno arcaico ai propri inizi di carriera? Può darsi. Ma per la maggior parte delle volte è un semplice ripiego, poichè il cinema ormai ti ha dimenticato.

Alejandro González Iñárritu ci narra proprio questo aspetto di ogni attore che il pubblico non pensa mai: l'essere legati ad un proprio successo facendolo diventare una maledizione.
E chi se non Michael Keaton poteva impersonare il povero Riggan Thomson? L'attore che ci ha fatto divertire nei primi anni '90 con i primi film riguardanti Batman, sotto la regia di Tim Burton, in un tempo in cui la parola Cinecomic era ancora sconosciuta.
Ma fatto quello, poi il silenzio e il nulla. Che fina ha fatto Keaton? Non si sa, ma eccolo risorgere con Birdman. Un film che rispecchia la sua situazione reale.

Il film è altamente interessante, soprattutto perchè racchiude tutta la vicenda utilizzando due tra le arti espressive di maggior impatto: il cinema e il teatro. Ma non solo perchè il cinema racconta una vicenda vissuta durante la preparazione di un'opera teatrale, ma perchè ci fa vedere il dietro le quinte di entrambe le cose: la vita al di fuori del palcoscenico, con le scaramucce tra gli attori, i tecnici, i camerini, gli addetti ai lavori, le parti burocratiche, ma al contempo scopriamo il passato cinematografico del protagonista, il suo tormento interiore, le sue visioni, il prezzo che ha pagato per le sue scelte nella vita lavorativa e privata.
E con quale astuzia ci narra tutto questo il nostro Alejandro? Con il piano sequenza.

Che cos'è il teatro se non un piano sequenza? E che cos'è la vita stessa se non un piano sequenza enorme? E allora ecco la genialata: tutto il film, quindi il cinema, in piano sequenza.



Seguiamo tutta la storia senza prendere un momento di fiato, ci immedesimiamo nel protagonista, ma sentiamo vicini anche gli altri. Scopriamo e riscopriamo alcuni attori in ruoli particolari, dal Galifianakis manager e non da una notte da leoni, alla Stone tossicomane invece che nei panni della Stacy di Spiderman, così come anche un Norton che ci farà apprezzare e odiare nel contempo il suo personaggio.

Molta gente uscendo dal cinema ha detto "ma cosa cavolo ho visto?". Vero, potrebbe sembrare strano, ma la trama è lineare, i dialoghi sono taglienti e arrivano subito al sodo, e i momenti (essendo un piano sequenza non si possono definire "scene", poichè è tutta un'unica scena) sono un continuo balzare dalla risata amara alla commozione, dal momento di demenzialità all'essere sulla punta del sedile dalla suspance.

Insomma, un film che va visto e probabilmente rivisto altre volte, soprattutto per la modernità del suo significato: tornare al centro dell'attenzione con azioni ignorantissime. Se poi sono diffuse tramite social network e il web ancora meglio.
Perchè nel bene o nel male, l'ignoranza ci perseguita.


Cinebrusinante




VALUTESCION
Birdman (2014)
di
Alejandro González Iñárritu
con Michael Keaton, Edward Norton

Scena Top: Riggan rimane chiuso fuori dal teatro in mutande

Voto 5/5: una visione amara del successo, con uno stile narrativo altamente originale

lunedì 12 gennaio 2015

BAH A LA LA LA!


C'è sempre stata una tradizione indissolubile nella vita di ogni persona da almeno vent'anni a questa parte: il classico d'animazione Disney al cinema a Natale.
Ovviamente, cambiano i tempi e cambiano, di conseguenza, gli stili. Se prima eravamo affascinati dai tratti a mano di una Carica dei 101, o dagli scenari incredibili del Re Leone o dalle musiche intense de Il Gobbo di Notre Dame, ora siamo circondati dai disegni moderni, dalle idee dinamiche e dalle gag sagaci dell'era del digitale. E Big Hero 6 rende un altro Natale degno di questo nome.

Prima volta che il nome Disney si unisce al nome Marvel, dato che ormai per questioni legali e quant'altro è divenuto un tutt'uno, andando a pescare forse una serie di fumetti tra i meno conosciuti nel nostro territorio.
La storia è interessante: nella città di San Fransokyo, una metropoli mista tra tradizione ed innovazione, vive Hiro Hamada, quattordicenne con incredibili dote di inventiva. Suo fratello Tadashi lo inviterà a tentare di entrare nell'Istituto Tecnologico che frequenta, convincendolo presentandogli la sua invenzione: Baymax, un robot capace di analizzare e aiutare a livello medico chi ha bisogno.
Le vicende che avvengono durante il film rafforzeranno il rapporto di amicizia tra Hiro e Baymax, creando un legame incredibile.

Non è la prima volta che troviamo un robot in un film d'animazione sotto il nome Disney; diversi anni fa siamo rimasti affascinati e commossi nel seguire le vicende del piccolo Wall-E, robottino innamorato e attento ad avere cura degli altri.
Con Baymax siamo arrivati ad un livello superiore: a differenza di Wall-E non vive di istinti propri, anzi, segue un determinato protocollo datogli dal suo creatore. Con quello si avvicinerà al mondo di Hero e alle situazioni che lo circonderanno, ma sempre mantenendo il suo comportamento strettamente "robotico".
Segue i comandi alla lettera, si attiva in un certo modo ed esegue la sua scaletta programmata. Però, ha un qualcosa in più che lo rende davvero speciale.

Mentre ero in posizione da pezzo di Tetris bastardo (quello maledetto che non sai mai come posizionarlo), poichè nella piccola sala ho trovato posto solo in prima fila, circondato da una banda di esseri bassi fortunatamente silenziosi ed attenti, ragionavo su come i cartoni animati Disney abbiano avuto delle evoluzioni a livello narrativo.
E tra un blocco del collo e un attacco di sciatalgia, ecco la scena rivelazione di questo mio pensiero: Baymax vede il letto vuoto di Tadashi e lo nomina più volte. Hero gli dice che non c'è più, che non tornerà perchè è morto. E la grandiosità della delicatezza Disney arriva: Baymax descrive a Hero cosa potrebbe fare per superare il lutto, abbracciandolo.



Certi argomenti sono sempre stati considerati tabù nel campo dell'animazione, ma la Disney ha sempre fatto il salto di qualità: nel Re Leone abbiamo assistito alla morte non celata di un personaggio, in Up abbiamo colto la fragilità della vita, e i problemi che possono esserci in una gravidanza. In Big Hero 6 ci spiegano come gli amici possano esserci di vero aiuto per affrontare un dolore grande come la perdita di un caro, come anche un semplice abbraccio o parole di conforto possano essere davvero importanti.

Insomma, nuovamente abbiamo un gioiello da aggiungere al grande elenco dei lungometraggi Disney, ed un altro personaggio che immancabilmente diventerà un cult.

La mia grande capacità nell'essere puntuale presenta questo post ad anno nuovo già iniziato, mentre doveva essere pubblicato negli ultimi giorni del 2014. Cosa ci aspetta in questo 2015? Ma sicuramente tanto cinema, e tanta libertà di espressione artistica, ora più che mai (dico questo come mio pensiero personale sempre esposto, ma ora ancora più marcato in seguito ai fatti avvenuti a Parigi. Anche il vostro Cinebrusinante si unisce al grande coro di indignazione e di difesa per la libertà, je suis Charlie!).

A presto per un nuovo post. E spero con una nuova schiena...


Cinebrusinante





VALUTESCION
Big Hero 6 (2014)
di Don Hall e Chris Williams
con Ryan Potter, Scott Adsit

Scena Top: Hiro e Baymax scoprono il "cattivo" nel capannone abbandonato.

Voto 5/5: l'idea e i personaggi convincenti rendono questo film un capolavoro nel suo genere.